sabato 19 gennaio 2013

Creatività a tappeto


di Elena De Prezzo, operatrice di laboratori creativi

Un bambino creativo è un bambino felice”
B. Munari1

La creatività è una facoltà che appartiene a tutti indistintamente oppure a pochi fortunati?
Per secoli si è pensato che la creatività fosse un potenziale divino e che, come tale, appartenesse solamente alle divinità. I primi studi sono stati effettuati nel '900 e da qui ne sono nate molte definizioni, tra cui quella più corretta e adatta del matematico Poincaré nel 1929: “Creatività è unire elementi esistenti con connessioni nuove, che siano utili”, dove nuovo e utile rappresentano le fondamenta dell'atto creativo ovvero il superamento delle regole esistenti che intuisca un'ulteriore regola condivisa e utile.
Di fatto la creatività mette in relazione ciò che già si conosce e quindi, più cose si conosceranno più la nostra creatività sarà in grado di CREARE e di farci progettare e “produrre”. Da qui l'importanza dell'esperienza all'interno delle scuole e del suo continuo ricambio. Con esperienza si intende ciò che riguarda il fare e che permette ad un bambino e non solo, di conoscere più a fondo le cose e di immagazzinarle e posizionarle sul proprio scaffale della cultura. Talune esperienze possono sembrare archiviate definitivamente, ma nel momento utile verranno ri-condotte ad un utilizzo.
Penso alle mie esperienze “creative” in età prescolare: si possono contare facilmente. Ricordo, anzi, ri-conduco alla mente le tantissime fotocopie da colorare e il come dovevano essere colorate: semplicemente “Bene!”. Questa l'unica e banale indicazione. Bisognava colorare bene e non uscire dagli spazi. O ancora le tantissime sagome di carta realizzate con l'utilizzo del punteruolo che dovevano, in una fase successiva, essere colorate e incollate. Primo round: CREATIVITA' A TAPPETO!
Quali relazioni si possono creare e dove è la stimolazione in tutto ciò?! Non dovrebbe esserci posto per un linguaggio normativo, per imposizioni o ancora per la diffusione di un modello. Non dovrebbero esistere modelli. Ghezzi ci ricorda che “l'importante non è il prodotto ma l'attività di tipo cognitivo che si esplica nel momento della progettazione e durante la realizzazione2.

Intuisco la difficoltà e l'impossibilità ad effettuare ciò quotidianamente, ma si tratta di una forma mentis che dovrebbe permeare tutta l'attività educativa.
E' diffusa l'idea che i bambini abbiano molta fantasia. Vedere nei loro disegni “cose fuori dalla realtà” non significa, però, assistere ad un evento di fantasia: “il bambino fa una operazione molto semplice: proietta tutto quello che sa su tutto quello che non conosce a fondo. (...) Per lui, che non conosce il mondo, qualunque cosa ha le stesse sue qualità: la palla grande sarà la mamma della palla piccola. Se la palla si sporca vuol dire che si è fatta la cacca addosso3.

E' qui che bisogna intervenire, attraverso l'ESPERIENZA creativa e non finalizzata se si vuole che il bambino diventi un adulto libero e non condizionato. In quest’ottica, la creatività non serve solo ai creativi, a quelli del mestiere per intenderci. La creatività è cosa di tutti e bisognerebbe iniziare a coltivarla fin da piccoli, attraverso l'aiuto di chi si occupa di bambini e gravita intorno al loro mondo. Senza l'esperienza si può solo avere una visione parziale e limitata della realtà, questo è di facile intuizione. Non bisogna ambire soltanto al bel disegno, dove colori e forme devono essere oggettivi rispecchiando la realtà. Non può essere questa l'unica ambizione e rappresentare l'indice di misurazione dell'equilibrio e della bravura di un individuo. Il linguaggio realistico/figurativo/oggettivo è il più usato perché spesso l'unico ad essere conosciuto. Il dubbio, qui, si accende: non sarà la scuola stessa ad essere portatrice sana di stereotipi? Giordano suggerisce: “I piccoli scolari nascono artisti d'avanguardia e diventano pittori della domenica4.

Quindi, operatori o insegnanti dovrebbero aiutare i bambini a memorizzare più dati possibili per permettere loro di stabilire delle relazioni tra le cose che si conoscono e poi ancora accostare, osservare, rendere trasversali i dati immagazzinati. Tutto questo dovrebbe avvenire senza un fine e soprattutto senza aver paura di un risultato più o meno comprensibile: così i lavori dei bambini ci travolgeranno, emozioneranno, colpiranno nello stesso modo in cui travolgeranno, emozioneranno e colpiranno loro stessi.
Creare relazioni, però, non è per nulla facile e naturale. E' un percorso che va FATTO insieme al bambino stimolando la sua creatività attraverso giochi creativi e permettendogli di intervenire attivamente risolvendo problemi, trovando soluzioni, costruendo: “FARE PER CAPIRE”. Dalle esperienze e dalla memorizzazione di dati dipenderà il futuro adulto e il suo essere creativo e libero. Scrivo così perché creatività e libertà vanno, a mio parere, di pari passo, perché è utile sviluppare creatività, come ci ricorda Rodari: “Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo5.

Non bisogna aspirare unicamente ad insegnare tecniche. Il punto sta nel presentare ai bambini le diverse modalità di approccio al materiale, al colore, agli strumenti. Creare occasioni per poi lasciare che ognuno scelga i propri mezzi e decida cosa fare con quello che ha imparato. Di fatto sarà il bambino e soltanto lui a trovare, attraverso ricerca e scoperta, il metodo di utilizzo a lui più adatto alla realizzazione di quel particolare lavoro. Munari, a riguardo, scrive: “Uno nasce pittore e cerca di dire la sua su qualunque argomento, usando però solo la pittura anche dove questa non arriva a comunicare. Lo stesso dinamismo dei dipinti futuristi diventa statico quando lo si ferma in un quadro e quindi comunica invece una confusione dalla quale il pubblico non riesce a ricavarne il messaggio6.

Nella mia esperienza di operatrice di laboratori creativi ho scoperto bambini che si sono raccontati, si sono divertiti, ma anche delle volte annoiati; bambini che hanno imparato ad osservare e a pensare cosa è meglio fare...ecco che ritorna il FARE, su cui il creare e la creatività si fondano.
Sarebbe auspicabile la volontà di sostituire il carattere mercuriale di queste esperienze ad uno più costante che desse spazio al gioco creativo, al fare non finalizzato, all'esperienza perché nella scuola, luogo deputato più di altri, la creatività venisse praticata a tappeto!

1 B. Munari, in B. Restelli, Giocare con tatto, FrancoAngeli, Milano, 2002, p. 20
2 C. Ghezzi, Il bambino e la sua arte. Novantanove tesi, (ed. M. Gennari), il Melangolo, Genova, 2010, p. 68
3 B. Munari, Fantasia, Laterza, Roma-Bari, 2009, p. 30.
4 S. Giordano, Disimparare l’arte. Manuale di antididattica, il Mulino, Bologna, 2012, p. 28.
5 G. Rodari, Grammatica della fantasia. Introduzione all'arte di inventare storie, Einaudi Ragazzi, San Dorlingo della Valle, 1997.
6 B. Munari, Fantasia, Laterza, Roma-Bari, 2009, p. 143.



in “Scuola Materna per l'educazione dell'infanzia”, n°5 gennaio 2013


domenica 13 gennaio 2013

Le linee della natura

Vi propongo un'esperienza che riguarda, ancora una volta, la linea e che mi è stata proposta durante un corso di formazione, al MIC di Faenza.
Riguarda la natura e le sue linee, precisamente nasce dall'osservazione delle linee che formano i materiali, in questo caso naturali: foglie, cortecce, frutti, fiori, ecc...
Il segreto sta nell'osservare con attenzione le svariate linee che si incrociano, solchi o rilievi che si notano per una colorazione differente e che vanno a creare una tramatura. Ogni segno che si decide di riprodurre, è importante!
Si consiglia di utilizzare il colore nero su un supporto di colore bianco. In questo modo il segno grafico rende di più. Vari tipi di colore nero e vari tipi di supporti bianchi...l'importante è sempre sperimentare.






E' un'attività che richiede un po' di tempo. Si può utilizzare tempera, inchiostro, pastello, pastello a cera, penna, pennino, e altro ancora sui supporti più svariati.
Questo lavoro si può sviluppare e portare avanti, utilizzando il materiale creato. Le linee si possono ri-unire, cercando e trovando delle similitudini.




E poi ancora, nel nostro caso, abbiamo ri-creato un grande albero!